Dalle macine poste nella piazza Esempon a San Giorgio ai piedi del castello.
Nel percorso delle cave da mole c’è una località chiamata “la Vigna” che è segnata con la “f” minuscola dalla località Fratta fino alla località Piai. Si compone di un’area terrazzata, munita di muri a secco costruiti con grandi massi: sicuramente il materiale proveniva dallo scarto della lavorazione delle mole; si racconta che quando c’era la chiesa di San Giorgio in castello (crollata con il terremoto del 1873), si ricavasse dalle viti qui piantate uva per fare il vino da messa.
Nel sito esistono ancora cinque terrazzamenti e alcune piante di vite, che si sta cercando di recuperare.
Nella località detta Fratta è stato trovato un sestirzio romano; inoltre, è stato segnalato che a metà percorso che conduce alle cave da mole, ci fosse un cimitero, sotto le mura di entrata al castello di S.Giorgio.
Nelle ricerche condotte dalla dott.ssa Franca Cosmai, compare nel 1667 la concessione a cavare mole data a una certa Silvia Pilona; in seguito c’è anche un Giovan Maria (morto nel 1940) nella cui cantina sono stati trovati molti attrezzi usati per cavare le mole da macina.
Lungo le vie di Soccher, nei cortili e in piazza Esempon si possono vedere più di sei grandi mole, di cui due mai usate, perchè negli anni ’40-50 del 1900 entrarono in funzione i mulini elettrici a cilindro. A Soccher le cave da mole erano un’industria importante durante la dominazione veneziana tanto che, anticamente, via Piave era denominata “via degli Schiavoni”.
Molti sono i testi storici e scientifici in cui vengono citate le cave di Soccher, se ne riportano due esempi:
Da: Osservazioni sopra i monti che circoscrivino il distretto di Belluno, di Tommaso Antonio Catullo, in Verona dalla Tipografia Mainardi, 1818.
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Copiose sono in questi monti le cave di pietra da
fabbrica (1)…
(1) Giuseppe Barbo nella sua descrizione di Cividal di
Belluno, impressa dal Vieceri l’anno 1540, parla di molte
cave di pietre, e delle miniere che si lavoravano a’ suoi
tempi. Da questo rarissimo libro si può conoscere lo stato
delle miniere di Agordo in quell’epoca, di cui appena
fa menzione il Piloni nell’Istoria Bellunese, pubblicata
sessantasette anni dopo. Il Barbo descrive assai bene la
qualità dei marmi, e dà loro un nome che ricorda il luogo
da cui derivano. Chiamò Crodina e Soccherina l’arenaria
dei villaggi Croda e Socchero, pietra che tutt’ora gode,
sopra molte altre dello Stato, la preferenza nell’uso di
affilare le armi da taglio. E qui aggiunge il nostro Barbo,
che tali pietre vengono portate a Costantinopoli, indi
a Scuteri, e di là nella Natòlia ed in altre parti dell’Asia.
All’opera del Barbo manca la numerazione delle pagine.
Da: Nuovo Dizionario Universale di Agricoltura,Compilato sulle opere dei più celebri autori Italiani e Stranieri da una socità di dotti e di agronomi per cura del dottor Francesco Gera da Conegliano, Tomo Sedicesimo, Venezia, Co’ tipi dell’ed. Giuseppe Antonelli,1841.
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Scelta delle macine.
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Nelle nostre Provincie Venete, le molle di cui più comunemente
si fa uso, procedono dal Friuli, dal Bellunese e
dai monti di Bergamo. Quelle delle due prime località
non sono che conglomerati puddinghe diluviane, dalla
cui maggiore solidità e durezza consiste il pregio. Questi
conglomerati stanno a ridosso delle falde più basse dei
monti, e molto pregiate sono quelle che si cavano nei
contorni di Socchero, a 5 miglia circa all’est di Belluno.
Allegati
• Depliant Sentiero Cave da Mole
Pagina aggiornata il 10/09/2024